Un mio umile omaggio a H.P. Lovecraft e i suoi racconti d'orrore.
La pioggia tormentava la quieta e apatica cittadina di Castlewich ormai da due settimane.
La pioggia tormentava la quieta e apatica cittadina di Castlewich ormai da due settimane.
Negli ultimi tre giorni i caldi raggi del
sole non erano riusciti a squarciare il manto di nubi che incontrastate
regnavano nei cieli sopra la città, neanche per un momento, e non si
prospettava niente di buono anche per la quarta giornata consecutiva.
Le strade erano impregnate d'acqua, e
l'asfalto si disfaceva sotto il logorante e incessante martellamento della
pioggia, che sferzava gli edifici, gli alberi, le auto e le persone.
Jakob era in città da pochi giorni,
alloggiato al piccolo albergo "Excelsior" che di eccellente non aveva
niente.
Non si lamentava però. Era abituato a
dormire in posti ben più scomodi e fatiscenti, e molto spesso gli era capitato
di passare intere settimane a dormire in auto.
Questa volta gli era andata bene: la nuova
rivista per cui lavorava, "Il Marchio del Mistero", gli aveva
concesso un piccolo rimborso spese e Jakob aveva deciso di approfittarne.
Aveva già scambiato quattro chiacchiere con
il receptionist, un uomo di mezza età, zoppo, che aveva difficoltà a portare
anche il più piccolo dei bagagli.
Tra un convenevole e l’altro gli aveva
rivelato il vero scopo della sua visita in città.
«Lavoro per una rivista che si occupa di
paranormale, misteri, e tutto ciò che ha a che fare con l'inspiegabile» aveva
spiegato al receptionist, con un certa pomposità.
L'uomo, Robert o più banalmente
"Bob", per gli amici, lo aveva guardato senza mostrare alcun segno di
interesse, ma si era comunque dimostrato sufficientemente gentile, chiedendogli
per quale ragione fosse giunto nell'anonima cittadina di Castlewich.
«Pare che su questa città gravino antichi
misteri e oscure leggende. Una di queste, tramandata dalle antiche popolazioni
che in passato vivevano qui, racconta che in questo luogo il Signore degli
Abissi marini avesse tentato di conquistare la terraferma. »
«Chi sarebbe?» aveva borbottato il
concierge, continuando a lucidare un candelabro di ottone.
«Il Signore dei mari, o “colui che Regna
negli abissi” è una figura mistica, leggendaria. Un essere metà uomo, metà
pesce... il marito della sirenetta, per intenderci» rispose Jakob, tentando di
buttarla sul ridere.
Robert non accennò nemmeno ad una smorfia di
compiacimento.
«Quindi è venuto per scriverci un
articolo... »
«Sì. Tenterò di scoprire qualcosa di più a
riguardo. Lei ne sa niente?»
«E' la prima volta che ne sento parlare. E
comunque a me non piacciono i misteri.»
La conversazione finì lì, ma quella breve
chiacchierata con Bob rimaneva al momento, l'unico vero contatto con gli
abitanti di Castlewich.
Tutti si erano dimostrati scortesi,
sgarbati, addirittura violenti, ogni qualvolta manifestava l'intenzione di
scoprire qualcosa sul misterioso passato di quella piccola città in riva al
mare.
Perfino nella piccola biblioteca, sporca e
mal tenuta, aveva trovato un muro di gomma a respingerlo nelle sue ricerche.
«Questa è una biblioteca seria, signor
Bloomfield. Non una ludoteca dove è possibile passare del tempo leggendo fiabe
o favole.»
«Certo che no! La mia è una ricerca seria.
Sono un dottore in antropologia, sa? Non vado in giro a perdere tempo.» si
risentì Jakob.
In realtà aveva bellamente dimenticato di
sottolineare che per ottenere la laurea doveva ancora sostenere tre esami, ma
il tono sdegnato dell'acida bibliotecaria dai capelli unti legati con una
crocchia sulla nuca, e un grosso neo sopra il labbro, lo aveva irritato in
maniera profonda.
«Ricerchi pure cosa le pare, ma non qui. Non
abbiamo né tempo, né voglia per stupidaggini.»
Jakob aveva così battuto in ritirata, offeso
e stizzito, per evitare alcune velenose battute che aveva già pronte sulla
punta della lingua.
La cosa peggiore era che, se non avesse
portato a termine il suo compito, il suo contratto per la rivista sarebbe
probabilmente diventato carta straccia.
"Il Marchio del Mistero" era solo
l'ultima di una serie di riviste per cui aveva lavorato, e in tutte con scarsi
risultati.
Sapeva argomentare bene, era arguto e da
sempre realmente affascinato dal mistero e dalle leggende, ma da quando aveva
iniziato la sua carriera da pseudo giornalista
della para-fantascienza, non aveva cavato un ragno dal buco.
Non che scrivesse male, ma semplicemente non
aveva mai trovato niente di veramente interessante per poter pensare di ambire
ad una carriera redditizia.
Probabilmente quella era la sua ultima
occasione, lo sapeva bene.
Suo padre lo aspettava nell'azienda di
famiglia e presto o tardi sarebbe tornato alla carica, dopo averlo "fatto
sfogare con le sue manie”, come ripeteva di continuo quando andava a trovare i
suoi genitori.
Castlewich era umida, costruita in riva al
mare e sapientemente abbandonata al suo destino, dopo il grosso calo delle
vendite della specialità del posto, un misto di baccalà e salamoia che non
interessava più a nessuno.
Niente di particolare, cose del genere
accadevano ovunque e di continuo, e in certe città in declino, la grettezza, la
maleducazione e l'estrema riservatezza scontrosa sembravano un tratto
distintivo comune.
Jakob però, appassionato di miti e leggende,
aveva scovato un strana storia che affondava le sue radici in un passato remoto
e nebuloso di cui si avevano poche notizie e per giunta frammentarie o poco
attendibili.
Secondo le leggende tramandate dalle
popolazioni che, fin dall'alba dei tempi, avevano abitato quella zona umida e
poco salubre, ma da sempre ricca di pesce e altre prelibatezze ittiche, il
posto su cui era sorta Castlewich, era il luogo di immondi sacrifici umani in
onore di un Dio venuto dal mare, un essere abitatore delle profondità del mare,
signore supremo dei popoli degli abissi marini.
Un Signore oscuro, un essere che poteva
anche essere rappresentato come un Re Tritone, ma che, a leggere bene le poche
leggende tramandate per iscritto, e che Jakob era riuscito a recuperare, in
realtà era un mostro marino umanoide, assetato di sangue e potere, che sognava
di rendere suoi sudditi anche gli esseri umani.
Il giorno dopo Castlewich si risvegliò con
una notizia macabra: Henry Mc Arthur, stimato banchiere in pensione, ex
sindaco, era morto in circostanze misteriose.
Dalla casa del suo cognato, in cui si era
introdotto per recuperare le chiavi del nuovo appartamento della sorella, Henry non era mai uscito vivo.
Lo aveva ritrovato Fabrice, il cognato
tassidermista e biologo.
Un infarto, un colpo apoplettico, la causa
più probabile.
A Jakob la notizia non avrebbe destato
troppo interesse, se non fosse che Fabrice Delaney lo aveva incontrato pochi
giorni prima.
Era stata una delle poche persone a
permettergli di porgli qualche domanda sulla sua storia misteriosa.
Delaney era discendente di un famiglia di
aristocratici di origine francese che finanziò la costruzione della città.
Qualcosa di oscuro e incerto, forse solo
frutto di malelingue invidiose delle ricchezze della famiglia, era uscito fuori
su uno degli antenati di Fabrice, il trisavolo Herbert Philippe, uomo burbero e
schivo, ma dotato di gran senso degli affari, considerato che da solo aveva
accumulato gran parte della fortuna della famiglia.
Alcuni sostenevano fosse un adepto di una
setta occultista che venerava strani demoni.
Niente di certo era venuto a galla.
Fabrice lo aveva accolto nella sua villetta
ai margini della città con grande cordialità e ospitalità, mostrandogli
orgoglioso la sua collezione di animali mummificati.
Una di queste, il suo pezzo pregiato, come
amava definirlo, era un essere deforme, imbalsamato, molto simile ad un uomo
metà pesce.
In giro per il mondo si trovavano tante
false mummie, frutto di abili camuffamenti, notoriamente fraudolente, che per
anni era state reclamizzate come prove inconfutabili dell'esistenza delle
Sirene.
Jakob ne aveva viste molte, ma quella che
spiccava nella vetrina dello studio di Fabrice Delaney aveva un che di diverso
e inquietante.
La sue pelle, squamosa, non sembrava la
solita contraffazione che si vedeva tipicamente nelle imitazioni più ardite e
raffazzonate visibili in gallerie o bazar di infimo ordine, che esponevano
paccottiglia dell’orrore e misteriosa creata ad arte.
Fabrice per un attimo sembrò soddisfatto
dall'incredulità e il dubbio che era apparso sul volto di Jakob, ma si limitò
soltanto ad un mellifluo sorriso che lasciava spazio a varie interpretazioni.
«La mia famiglia è stata sempre oggetto di
strane attenzioni. Ma non ho niente da nascondere, per questo le ho permesso di
incontrarmi, sebbene sia molto impegnato» rispose Fabrice, quando Jakob iniziò
porgli alcune domande.
«Conosce qualcosa di più, riguardo
all'antico passato di Castlewich?»
«Non molto. I miei antenati erano da sempre
esperti nel campo ittico. Vedendo che la zona era propizia, iniziarono a porre
i primi mattoni per la fondazione della città... dapprima avviando una
succursale dell'azienda di famiglia. La cosa funzionò, e così…»
«E la storia del Signore degli Abissi? Il
Dio Tritone?»
«Ah, quella... ogni luogo del mondo ha le
sue leggende.»
«Eppure nella sua collezione fa bella mostra
uno strano essere metà uomo, metà pesce. E' solo un caso?»
«Solo un caso.»
«Dove l'ha trovata, signor Delaney?»
«Non l'ho trovata, signor Bloomfield. E' una
mia creazione.»
«Quindi, un falso?»
«Non ho detto questo.»
Jakob lo guardò con sospetto.
«Se non fosse un falso sarebbe da esporre in
un museo. Si rende conto della enormità di una scoperta del genere? Posso
vederlo meglio?»
«Mi spiace signor Bloomfield. Non posso
mostrarglielo nuovamente, mi perdoni. Non voglio sembrare sgarbato ma devo
invitarla ad andarsene. Ho un impegno urgente.»
«Ma... come? Se ritiene che l'abbia offesa
in qualche modo io... io chiedo umilmente scusa.»
«No, non si preoccupi» si affrettò a
rispondere Delaney «vedo però che lei è
comunque fortemente interessato a questa storia. Bene, la inviterò nuovamente
prima che parta. Ho una sorpresa che credo potrà piacerle.»
Detto questo, Delaney lo aveva accompagnato
alla porta senza degnarlo di una risposta ad i suoi tentativi di carpire
qualche informazione in più.
Dopo la morte dell'ex sindaco, Jakob pensava
che il nuovo invito da parte del misterioso Delaney fosse saltato.
Ma proprio mentre si apprestava mestamente a
fare le valigie in vista di un deludente ritorno a casa, e pregustando
amaramente la probabile fine della sua collaborazione al "Marchio del
Mistero", il concierge lo chiamò al telefono, invitandolo a scendere.
Qualcuno lo stava aspettando.
Nell'atrio dell'hotel un uomo allampanato,
con un colorito cinereo nel volto, si presentò come l'assistente del maestro
Fabrice Delaney.
«Il Maestro gradirebbe ospitarla stasera a
cena a casa sua.»
«Accetto volentieri. Pensavo che, a causa
del... beh, ecco… del lutto, il signor Delaney avesse altro a cui pensare.»
obiettò Jakob.
«Il Maestro è addolorato per la recente
scomparsa del suo cognato, ma la notte che sta per giungere è stata fin troppo
attesa da tutti noi.»
«Tutti noi?» domandò Jakob.
Ma l’ignoto assistente di Delaney lasciò
cadere la domanda nel vuoto.
«La prego di essere puntuale. Ceniamo alle
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