Alle 8 in punto Jakob si presentò alla villa
di Delaney. La pioggia continuava incessante, ed ogni cosa era avvolta da una
vistosa cappa di umidità.
In lontananza, oltre la baia, dei lampi
accecanti illuminavano a giorno le acque scure del mare, agitato dal vento e
dalle correnti furiose.
Venne ad aprirgli l'inquietante assistente
di Delaney, che si ostinava a chiamare Maestro, senza specificare la ragione di
questo appellativo ridondante.
Invitato ad entrare nella sala, si trovò in
compagnia di altre cinque persone, a lui totalmente sconosciute, che ebbero la
scortesia di non presentarsi nemmeno.
Seduti ad un tavolo riccamente imbandito,
attesero pazientemente ed in silenzio, l'arrivo del padrone di casa.
Delaney non si fece aspettare. Fece il suo
ingresso nella sala, vestito con una tunica nera, bordata d'oro.
Tutti gli astanti si alzarono dalla sedia e
si affrettarono ad inchinarsi al suo cospetto, baciandogli la mano
ingioiellata.
Tornando a sedersi al proprio posto,
lanciarono occhiate ostili verso Jakob.
La cena si svolse normalmente, tra
convenevoli e scambi di cordialità tra tutti gli astanti, che si rivelarono
essere personalità di spicco di Castlewich e dintorni, proprietari terrieri,
latifondisti, figli di magnati dell'industria ittica.
Delaney conversò amabilmente anche con
Jakob, annunciando orgoglioso che di li a poco gli avrebbe mostrato qualcosa di
inenarrabile.
Finita la cena, Delaney si alzò da tavola.
«Gentili signori, vi ringrazio per l'attesa
paziente che avete mostrato. So bene che fremete dall'impazienza. Quindi non
tardiamo ulteriormente, io stesso sono eccitato e non riesco a trattenere la
mia gioia. Vi prego di seguirmi.»